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Il Pesce fresco

Il pesce una storia lunga e appassionante

La pesca, intesa come attività di cattura per l'approvvigionamento di cibo, ha accompagnato la civiltà umana sin dall'antichità ma non ha sempre rappresentato una delle fonti principali del suo sostentamento. Infatti, la pesca in mare, presupponeva non poche cognizioni come la conoscenza delle correnti, dei venti, dei fondali, delle abitudini migratorie dei pesci oltre che la capacita di costruzione di barche sempre più affidabili e robuste. Nella maggior parte dei casi il pesce di cattura non veniva consumato fresco, a causa del clima caldo dei paesi del Mediterraneo, ma era sottoposto a processi di conservazione, per affumicamento o per salagione, praticati fin dalla preistoria. L'essiccazione, ottenuta mediante la semplice esposizione del prodotto al sole, era il metodo di conservazione più antico. I procedimenti che utilizzavano il sale, insieme all'uso del fumo o alle marinature, dettero in seguito maggiori garanzie di conservazione del prodotto. I pesci di mare erano considerati superiori rispetto a quelli di lago e di fiume: un cibo da mensa dei nobili. Nei banchetti romani dell'età imperiale, cefali, rombi, murene, grosse cernie facevano il loro ingresso cotti sulla brace con erbe selvatiche e poi serviti assieme a "salse di pesce", quasi sempre salamoie piccanti ricavate da pesciolini e molluschi macerati nel sale, nel vino o in aceti aromatici. Da quelle salse ebbero origine: il "saor" della cucina adriatica e il "garum", salsa o pasta di pesce azzurro macerato. Dagli allevamenti, veloci corrieri facevano giungere il pesce nelle case dei patrizi romani che erano, ovviamente, in grado di pagare prezzi altissimi per quelle "primizie". Lo stesso Cicerone ci ha tramandato nomi di allevatori o meglio ci ha trasmesso i loro soprannomi: Sergio Orata e Lucio Murena. La richiesta di pesce sali enormemente con 1'avvento del cristianesimo e con le ferree leggi sull'osservanza dei giorni di magro imposta dalla Chiesa nel Medio Evo. Si arrivo dai 100 ai 150 giorni all'anno di astinenza dalla carne. Nacque così la contrapposizione tra carne e pesce. Una divisione di ruoli netta: la carne divenne 1'alimento del "Carnevale", il pesce della "Quaresima". In seguito l'imperatore Carlo Magno per garantire la
massima disponibilità di pesce sulle tavole della gente comune volle che le peschiere - vivai di pesce e di ostriche che si praticavano in specchi d'acqua in prossimità delle case nobiliari - fossero distribuite uniformemente nel regno e mantenute nella massima efficienza. Nei secoli di mezzo l'aringa "Eing Herring" fu la voce più importante nel settore ittico. Nei mari del Nord la pesca era molto redditizia in quanto questi pesci, raggruppati in enormi banchi, si catturavano con facilità. Inoltre le aringhe potevano contare su un mercato favorevole grazie ai giorni di magro, soprattutto quando al prodotto semplicemente salato si sostituirono nel 1417 le aringhe "saure", ossia affumicate previa salagione. Tale formula di conservazione fu scoperta dal mercante Bukelt che inventò anche la disposizione a "raggera" dei pesci nel barile. Questo tipo di pesca diede origine a vere e proprie potenze commerciali come la Lega Anseatica che dopo la metà del 1200 vide riuniti, per la pesca delle aringhe, i pescatori e i mercanti di Amburgo, Brema e Lubecca contro i concorrenti danesi. L'aringa divenne l'unita-base (come oggi il dollaro o l'oncia d'oro fino) per stabilire i prezzi delle merci (per esempio, un contratto di locazione di un terreno nello Champagne, fu stipulato in base al controvalore di mille aringhe all'anno). Nel Mare del Nord abbondava anche un altro pesce, molto più grande e nutriente: il merluzzo. Furono i norvegesi ad accorgersi che lo si poteva far essiccare esponendolo al freddo vento glaciale e al pallido sole dei fiordi, trasformandolo nel conservabile pesce-bastone (stockfish, stoccafisso). Nel 1540 si ebbe una svolta decisiva, con l'inizio dello sfruttamento dei
Banchi di Terranova. Non essendo possibile far essiccare migliaia di merluzzi sui battelli da pesca si ricorse alla salagione, e lo stockpsh divenne il più morbido baccalà. Intanto, a casa nostra, non solo le regioni interne, ma le repubbliche marinare adottarono questo pesce "impossibile" dedicandogli ricette particolari, dal baccalà mantecato veneziano a quello "accomodato" ligure. Anche Spagna e Portogallo, pur potendo attingere le loro provviste di mare nel Mediterraneo e nell'Oceano, scelsero il bacalao come piatto tradizionale. Ma una nuova era, per il pesce azzurro, sembro profilarsi all'inizio del XIX secolo, quando, approfittando della sconfitta militare francese, Donkin e Hall rubarono ad Appert i suoi "segreti" di conservazione dei cibi in barattolo di vetro, ed iniziarono a Bermondesey la produzione industriale dello scatolame inglese. La sardina in scatola, decapitata e cotta nell'olio, arrivo nei negozi, e sembro conquistarsi una fetta di mercato. Ma nel 1930, l'americano Birdseye apri l'era dei surgelati, nuova via d'accesso dei prodotti verso le cucine di milioni di consumatori.

Il pesce fresco.
Per una alimentazione sana e gustosa

Secondo le statistiche, gran parte degli italiani mangia pesce solo una volta alla settimana. I nutrizionisti suggeriscono di consumare pesce almeno due volte la settimana visti gli enormi vantaggi di questo alimento. Nutriente come la carne bovina, di pollo o di altri animali, e più digeribile grazie alla scarsa presenza di tessuto connettivo. I suoi grassi, simili a quelli vegetali, caratterizzati cioè prevalentemente da composti "insaturi", funzionano da protettori per cuore e arterie. Prerogativa di cui sono privi i grassi degli animali di terra, più ricchi di composti "saturi" che, al contrario, possono facilitare l'insorgenza di malattie, spesso favorite da una dieta poco equilibrata ricca di calorie e colesterolo. Quest'ultimo, invece, e contenuto solo in modeste quantità nei prodotti ittici. Il pesce e ricco di minerali come il selenio, il fosforo, il fluoro e lo iodio (quest'ultimo in particolare e scarsamente presente in altri alimenti), che fanno parte della costituzione dei vari tessuti dell'organismo e regolano le funzioni circolatorie, nervose e muscolari. Infine il pesce apporta una discreta quantità di vitamine: le vitamine A ed E presenti nei pesci ' "grassi" (tonno, anguilla e sgombro) e alcune del complesso B. I molluschi (cozze vongole e polpi) e i crostacei (gamberi, scampi) hanno una composizione simile a quella del pesce, con un po' meno proteine, ma con un buon contenuto di zinco, magnesio e iodio; nel caso di cozze, vongole e ostriche anche di ferro.


Basta guardarlo per sapere se è fresco.


Riconoscere il pesce fresco e facile. Basta guardarlo con attenzione al momento dell'acquisto. Quando arriva sui banchi di vendita, infatti, il pesce manda segnali facilmente interpretabili. L'odore, ad esempio, deve essere delicato, deve ricordare il profumo del mare; il corpo deve essere rigido e arcuato; la consistenza delle carni deve essere soda ed elastica. Bisogna fare attenzione anche alle squame che devono essere molto aderenti. L'occhio sporgente con la pupilla nera e la cornea trasparente sarà un altro segnale importante da considerare.

PICCOLA GUIDA DI IDENTIFICAZIONE DEL PESCE FRESCO.

  PESCE FRESCO PESCE NON FRESCO
ODORE Tenue, marino, gradevole acre, sgradevole
ASPETTO GENERALE Brillante, metallico iridescente smorto, senza riflessi
CORPO Rigido, arcuto flaccido, molle
SQUAME Aderenti Non aderenti
PELLE Colori vivi, cangianti Colori spenti
OCCHIO In fuori cornea trasparente pupilla nera Infossato nell'orbita cornea lattiginosa pupilla grigia
BRANCHIE Rosee o Rosso sangue prive di muco Giallastre mucolattigginose
CARNI Compatte, elastiche bianche o rosee Molli, friabili con bordo giallastro
COSTOLE E COLONNA Aderenti alla parete addominale e ai muscoli dorsali Non aderenti

I pesci secondo le stagioni

Il pesce può essere consumato fresco tutto l'anno anche se sono stati previsti periodi in cui e vietata la pesca al fine di tutelarne appropriatamente i cicli biologici. Ogni specie poi ha un periodo in cui le sue qualità nutrizionali ed organolettiche sono al livello più alto. Basterà chiedere al negoziante qual'è il periodo migliore per l'acquisto, per essere sicuri di gustare il pesce nelle migliori condizioni e al prezzo più conveniente.

IL PESCE FRESCO IN CUCINA

Pulire il pesce e facile, basta un po' di pratica. E anche possibile farlo pulire al momento dell'acquisto. Per chi vuole cimentarsi nell'impresa, ci sono alcune regole da osservare. A parte qualche rara eccezione, il pesce va privato delle interiora, pelle scaglie e delle pinne. Occorrono quindi un tagliere e delle forbici robuste. Le forbici sono l'attrezzo base per tagliare le pinne (e la testa quando si deve) per squamare e, soprattutto, per incidere il ventre del pesce ed estrarne i visceri. In alternativa si può utilizzare un coltello sottile e ben affilato, impugnato di taglio.
Per togliere la pelle occorre un panno o carta da cucina per tenere ben ferma la coda mentre si procede con l'altra mano a tirare il lembo della pelle verso la testa. All'altezza della bocca il pesce va capovolto e si ripete l'operazione dal lato opposto.
Per squamare, operazione che va fatta sempre verso la testa, in senso contrario alla disposizione delle scaglie, sono disponibili anche gli squamapesce. Per evitare che le squame schizzino per tutta la cucina si consiglia di eseguire l'operazione in un catino d'acqua.
Per spinare il pesce e ricavare dei filetti va tenuto conto del volume fisico dell'alimento. Se il pesce e piatto (sogliola, sgombro, etc.), la pelle va incisa in prossimità della coda, poi afferrata per un lembo in modo da toglierla a strappo, con decisione verso la testa. Praticare un taglio lungo la spina dorsale, su entrambi i lati, e separare la carne dalla lisca. Se il pesce e tondeggiante (merluzzo, spigola, etc.) il taglio va prolungato dall'addome alla coda per sollevare con il coltello le spine piccole e poi separare con cura la carne da ciascun lato della spina dorsale, ottenendo così i filetti desiderati. Se il pesce e di grandi dimensioni va aperto sull'addome, messo con la parte interna appoggiata sul tagliere e poi pressato forte con le dita sulla spina dorsale sino a staccarla. L'operazione successiva, una volta rigirato, va fatta con un coltello, partendo dalla testa e raggiungendo la coda: si stacca così la lisca dalla carne.

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