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Viaggio nella Cucina Partenopea
Gastronomia Veneziana (parte seconda)
Gastronomia Veneziana (parte seconda)
Gastronomia Veneziana (parte seconda)
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Gastronomia Veneziana (parte seconda)

   Strettamente legato all'evoluzione della storia economica veneziana è anche 1'impiego di alcuni prodotti conservati e di alcune tecniche di conservazione del cibo, che, se non certo di esclusivo uso veneziano, nella città ducale erano certamente molto affinate. Il perché di un così massiccio impiego di prodotti conservati è di facile spiegazione.

   I veneziani si muovevano molto, viaggiavano molto e commerciavano in tutto, ovunque. I prodotti alimentari non erano che una merce, alla stregua di qualsiasi altra merce, utile ad essere commercializzata e quindi utile a produrre guadagno. Come per le spezie, era naturale pero che questi alimenti si fermassero anche nelle cucine delle famiglie realtine i cui membri, molto spesso, avevano avuto occasione di conoscere questi prodotti nei loro lunghi viaggi, specialmente se questi viaggi erano stati fatti per mare, allorchè veramente impellente è la necessità di avere a disposizione provviste non deperibili. Da questa necessita di conservare il cibo ebbe origine anche la più caratteristica pietanza della cucina veneziana, il pesce in saor (sapore), che così preparato può mantenersi saporitissimo e sano anche per una settimana e senza tanti frigoriferi.

   A Venezia si importava dall'Oriente anche il celeberrimo caviale (uova di sto- rione lavate, pressate e affumicate) che affiancava il "caviale dei veneziani" e cioè la bottarga, preparata localmente con le uova di muggini, spigole e altri pesci, I veneziani, inoltre, mantenevano fresche per più giorni le loro ottime ostriche, conservandole in barili pieni d'acqua di mare, e così sistemate le spedivano verso città anche molto lontane quali Milano, Vienna, Budapest.

   Parlando di gastronomia veneziana non si può tacere di un'altra caratteristica peculiare dell'alimentazione degli abitanti della città lagunare: l'uso, estremamente diffuso, di mangiare all'osteria con gli amici, se non proprio dei pasti completi, almeno degli stuzzichini, i cosiddetti cicheti, sorseggiando un buon bicchiere di vino. E in questi luoghi che, riprendendo l'antica tradizione delle malvasie, delle osterie, delle furatole (bettole annerite dai fumi dei focolari), dei fritolini, si ha l'apoteosi della gastronomia veneziana. Dai piattoni ordinatamente sistemati sui banconi, i cicheti, i famosissimi ci- cheti, occhieggiano e invitano l'avventore. E un invito al quale e impossibile sottrarsi: fegato, milza, nervetti, mezze uova con l'acciughetta, frittatine, spumosa crema di baccalà mantecato, polpettine, carciofini, polipetti, pesce fritto, "musetto" con polenta e non so quant'altro non chiedono che di essere addentati. "Basta entrare e lasciarsi andare".

<< In alto a sinistra: "Columns St.Mark's Venice" (1840) di Bonnington; in basso a sinistra: dipinto di Bernardo Bellotto, nipote del Canaletto
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