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In questo periodo, esattamente nel 1773, un ex frate celestino del Convento
di S. Pietro a Maiella Vincenzo Corrado pubblica a Napoli un celebre trattato di cucina:
"il Cuoco Galante". In questo volumetto si parla di timballi, sartù, della
Pastiera, chiamata anche dall'autore Torta di Frumento e della Parmigiana di Melenzane. Con l'avvento di Napoleone molti
altri termini gastronomici di origine francese entrarono nel dialetto napoletano e fra
questi: gattò, soutè, sartù, bignè e probabilmnte ragù. Decaduto il grande Bonaparte
quando Ferdinando di Borbone tornò nella sua capitale, volle assumere il nome di
Ferdinando I delle due Sicilie. Re Ferdinando continuò a gustare la cucina semplice del
popolo, che intanto, cominciava a fare sempre più grande consumo delle pizze, dei meloni
e dei maccheroni, sia quelli venduti già cotti per strada, sia quelli conditi in diversa
maniera, che si preparavano con notevole frequenza nelle case.
Le trattorie di Napoli erano
alla fine del XIX sec. in pieno rigoglio, frequentate da un'allegra e chiassosa clientera
di varia estrazione sociale che, al suono di dolci melodie e alla vista delle bellezze
panoramiche della città e dei suoi dintorni, si godeva il buon cibo e il buon vino. la
cucina delle trattorie e delle famiglie era allora in fin dei conti quella dei nostri
nonni o bisnonni, costituita dalle pietanze che ancora oggi per larga parte si mangiano a
Napoli.
Illustratore sommo di questa
cucina fu un aristocratico e piissimo gentiluomo, Ippolito Cavalcanti, nel suo libro
intitolato "La Cucina Teorico Pratica ovvero il pranzo periodico di otto piatti al
giorno". In questo volumetto troviamo tutte le pietanze della nostra cucina, dalla
salsa di pomodoro alla zuppa di soffritto, al baccalà in umido alla trippa al pomodoro
nè, ovviamente potevano mancare la minestra maritata ed il ragù. Allo stesso tempo,
anche nelle tavole dei ricchi signori, i cibi preferiti divenivano sempre più i
maccheroni, il baccalà fritto, la mozzarella, il soffritto, la caponata, le cipolle crude
e la pizza; insomma, arrivato il momento del trionfo della grande cultura gastronomica
partenopea.
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